Kendo
Kendo, arte marziale (scherma) di origine giapponese, evolutasi come versione sportiva delle tecniche di combattimento con il katana anticamente utilizzate dai samurai nel kenjutsu. Kendo significa letteralmente “La via (do) della spada (ken)”. Kendo, “Il cammino della spada”, esprime l’essenza delle arti di lotta giapponesi. Dal suo primo governo, l’utilizzo della spada, insieme all’equitazione e il tiro con l’arco sono stati tra i maggiori interessi nella preparazione militare dei diversi clan che si contendevano il territorio.
Il kendo si sviluppò sotto una forte influenza del buddismo zen, per cui il samurai sentiva l’indifferenza della propria vita nel bel mezzo della battaglia, la quale era considerata necessaria per la vittoria nei combattimenti individuali (il concetto buddista della realtà illusoria della vita e della morte).
Si pratica indossando un’armatura (bogu) costituita da men (a copertura di testa, viso, spalle, gola), do (corpetto rigido), tare (intorno ai fianchi), kote (guanti rigidi). La classica sciabola (katana) è stata sostituita dal bokuto (detto anche bokken), usato solo per una serie di dieci esercizi, i kata, che racchiudono l’essenza del kendo, e dallo shinai, una spada costituita da quattro listelli di bambù uniti dal manico di pelle (tsuka), che è usata per il combattimento vero e proprio (jigeiko).
In un combattimento, è lecito colpire a men, kote, do o tsuki (gola), e la vittoria è data al primo che realizza due colpi convalidati dagli arbitri. Complessi sono gli influssi religiosi e le tradizioni giapponesi nella pratica e nella gestualità: il kendo non è visto come una tecnica di combattimento, ma come un percorso di crescita personale; in questo senso, si dice che il kendoka (colui che pratica il kendo) deve essere grato al compagno che lo colpisce perché gli mostra i suoi punti deboli, e deve colpire con spirito di generosità.
La pratica si svolge all’interno di un dojo, un’ampia stanza con pavimento ricoperto di parquet; solitamente si inizia e finisce sempre con il triplice saluto (al dojo, ai compagni e al maestro), c’è un breve riscaldamento che coinvolge tutte le catene muscolari e poi si passa allo studio delle tecniche vere e proprie per poi, alla fine, passare alla pratica del jigeiko.
Vi sono gare di kendo, dirette da tre arbitri che assegnano i colpi secondo la filosofia del ki-ken-tai-ichi: spirito, spada e corpo devono essere nel colpo un tutt’uno armonico affinché questo possa essere considerato valido. Allo scopo di valutare la presenza del ki, dello spirito, nel colpo, è stata introdotta la regola che impone a chi colpisce il kiai, un grido di concentrazione, al momento del colpo.
Vi sono campionati italiani, europei, mondiali, ma non è sport olimpico, poiché la federazione giapponese non ha ancora preso decisioni in tal senso, anche se ci sono alcune federazioni che spingono perché il kendo diventi sport olimpico.